stagione 01 / credere in sé stessə / episodio 01

quello che devi sapere su: fiducia e un magico riordino


Credere in sé stessə
di Giusi Montali

1. quello che devi sapere su: fiducia e un magico riordino

“Fiducia: Atteggiamento, verso altri o verso sé stessi, che risulta da una valutazione positiva di fatti, circostanze, relazioni, per cui si confida nelle altrui o proprie possibilità, e che generalmente produce un sentimento di sicurezza e tranquillità”, definizione tratta dall’enciclopedia Treccani.

1 Ora, per credere in sé stessə occorre avere fiducia nelle proprie capacità. E se così non fosse, che fare?

Per prima cosa ritagliati del tempo per ascoltare. Poi siediti comodə. Prendi tutto ciò in cui hai creduto sino a ora e buttalo via. Crea un vuoto in te.

È come il magico riordino di Marie Kondo, prima devi disfarti di ciò che hai, poi vedremo di rifondare te stessə in maniera più oculata.


il ritratto che, a Bologna nel 2004, Derek Walcott dipinse e poi donò a Francesca Serragnoli

extravagantes

Francesca Del Moro legge una poesia, a lei dedicata, di Francesca Serragnoli.


LO SCRIPT DELL’INTERVENTO DI FRANCESCA DEL MORO CHE SENTIAMO NELL’EPISODIO

“L’incontro con Francesca Serragnoli è avvenuto per me qualche anno fa, in occasione di una serata che avevo organizzato per commemorare la poesia dell’amico scomparso Massimiliano Chiamenti. Avevo già apprezzato i suoi versi e la conoscevo come una persona molto religiosa e legata artisticamente a qualcuno che non stimavo. Provavo per lei un interesse pieno di contraddizioni, così, un po’ per avvicinarla, un po’ per sfidarla, la invitai a leggere in pubblico alcuni versi di Massimiliano, poeta omosessuale e tossicodipendente, apparentemente, ma solo apparentemente, lontanissimo da lei. Francesca lesse “la farfallina notturna” con umiltà, rispetto e delicatezza e mi emozionò profondamente. Come mi avrebbero emozionato tutti i suoi versi, che ho poi approfondito. Versi che risuonano in me come una sorta di “mistica quotidiana”, un distillare l’eterno, il sacro, dalla finitezza delle esperienze della vita, uno stare sulla soglia tra questo mondo e l’altro e riconoscere quanto sia fluido il loro confine. Versi in cui la bellezza delle cose si rivela come un’epifania, come il fulgore che percuote la mente di Dante quando cerca di vedere Dio. Di tutto questo sono un esempio le mani chiuse come case abbandonate o il tempio di reliquie con cui si identifica il volto umano in questa poesia. Mi torna in mente il viso di mia zia, così cambiato quando, come Francesca, andavo a trovarla nell’istituto dove ha finito i suoi giorni. Il suo viso, un tempo così dolce e aperto, che era diventato, come qui le mani, chiuso come una casa abbandonata. In questi versi si parla peraltro di una caramella e mia zia si chiamava Valda, proprio come la famosa caramella.” Francesca Del Moro

 


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